Presentato lo studio Ecosistema Rischio 2009
Inviato: 9 dicembre 2009, 21:42
Presentato lo studio Ecosistema Rischio 2009
Sono ancora troppe le amministrazioni comunali che tardano a svolgere un'efficace e adeguata politica di prevenzione, informazione e pianificazione del rischio idrogeologico; oltre un comune su quattro non fa praticamente nulla per prevenire i danni derivanti da alluvioni e frane. Questo il dato complessivo che emerge da Ecosistema Rischio 2009, lo studio realizzato dal Dipartimento della Protezione Civile e Legambiente, presentato oggi a Roma.
L'indagine è stata realizzata nell'ambito della campagna informativa 'Operazione Fiumi 2009', che ha monitorato le attività  di prevenzione e informazione realizzate da oltre 1700 amministrazioni comunali classificate ad alto rischio idrogeologico dal Ministero dell'Ambiente e dall'Upi (Unione Province Italiane). E' stata stilata una vera e propria classifica sull'operato dei comuni considerando, da un lato, la gestione del territorio e, dall'altro, il sistema di protezione civile, comprendendo sia la realizzazione dei piani di emergenza, sia le attività  dedicate all'informazione dei cittadini.
I dati di Ecosistema Rischio 2009 evidenziano una pesante urbanizzazione nelle zone a rischio idrogeologico. Nel 79% dei comuni coinvolti nello studio sono presenti abitazioni in aree esposte a pericolo di frane e alluvioni, nel 28% dei casi nelle zone a rischio sono presenti interi quartieri, e nel 54% dei casi sono presenti addirittura insediamenti industriali o strutture ricettive turistiche (20%). Solo il 7% dei comuni monitorati ha provveduto a delocalizzare le abitazioni e solo nel 3% dei casi sono stati avviati interventi per delocalizzare insediamenti industriali. E' evidente quindi come l'urbanizzazione di molti territori sia stata realizzata senza tener conto dei rischi idrogeologici. Lo dimostra il fatto che il 15% dei comuni non ha ancora un piano urbanistico che prevede vincoli all'edificazione delle aree esposte a maggior pericolo.
Più confortanti i dati relativi all'organizzazione del sistema locale di protezione civile: l'82% dei comuni si è dotato di un piano di emergenza da mettere in atto in caso di frana o alluvione. Uno strumento fondamentale per la sicurezza delle persone, che consente di organizzare evacuazioni preventive in caso di allarme e garantire soccorsi immediati ed efficaci. Tuttavia, solo il 54% dei piani risulta aggiornato negli ultimi due anni. Nel 64% dei comuni esiste una struttura di protezione civile operativa 24 ore su 24.
Per quanto riguarda invece l'attività  di informazione alla popolazione sui rischi del territorio e sui comportamenti da adottare in caso di pericolo, la formazione e l'organizzazione di esercitazioni per testare l'efficienza del sistema locale di protezione civile, i comuni sono ancora in ritardo: solo il 26% delle amministrazioni ha organizzato iniziative dedicate all'informazione dei cittadini e il 29% ha organizzato esercitazioni.
In sostanza, evidenzia l'indagine, le problematiche connesse al rischio idrogeologico diventano anno dopo anno più consistenti e preoccupanti, e tragedie recenti come quelle di Messina e Ischia mettono in luce la fragilità  del territorio nazionale. E ad amplificare il rischio in caso di calamità  naturali intervengono l'abusivismo edilizio, l'urbanizzazione incontrollata, la cementificazione degli alvei dei fiumi, e in generale, una cattiva gestione del territorio.
Anche il Capo Dipartimento della Protezione Civile, Guido Bertolaso, durante la conferenza stampa di presentazione dell'indagine ha ricordato come il dissesto idrogeologico sia 'uno dei rischi più gravi e seri che riguardano il nostro Paese, insieme al rischio sismico e vulcanico'
Sono ancora troppe le amministrazioni comunali che tardano a svolgere un'efficace e adeguata politica di prevenzione, informazione e pianificazione del rischio idrogeologico; oltre un comune su quattro non fa praticamente nulla per prevenire i danni derivanti da alluvioni e frane. Questo il dato complessivo che emerge da Ecosistema Rischio 2009, lo studio realizzato dal Dipartimento della Protezione Civile e Legambiente, presentato oggi a Roma.
L'indagine è stata realizzata nell'ambito della campagna informativa 'Operazione Fiumi 2009', che ha monitorato le attività  di prevenzione e informazione realizzate da oltre 1700 amministrazioni comunali classificate ad alto rischio idrogeologico dal Ministero dell'Ambiente e dall'Upi (Unione Province Italiane). E' stata stilata una vera e propria classifica sull'operato dei comuni considerando, da un lato, la gestione del territorio e, dall'altro, il sistema di protezione civile, comprendendo sia la realizzazione dei piani di emergenza, sia le attività  dedicate all'informazione dei cittadini.
I dati di Ecosistema Rischio 2009 evidenziano una pesante urbanizzazione nelle zone a rischio idrogeologico. Nel 79% dei comuni coinvolti nello studio sono presenti abitazioni in aree esposte a pericolo di frane e alluvioni, nel 28% dei casi nelle zone a rischio sono presenti interi quartieri, e nel 54% dei casi sono presenti addirittura insediamenti industriali o strutture ricettive turistiche (20%). Solo il 7% dei comuni monitorati ha provveduto a delocalizzare le abitazioni e solo nel 3% dei casi sono stati avviati interventi per delocalizzare insediamenti industriali. E' evidente quindi come l'urbanizzazione di molti territori sia stata realizzata senza tener conto dei rischi idrogeologici. Lo dimostra il fatto che il 15% dei comuni non ha ancora un piano urbanistico che prevede vincoli all'edificazione delle aree esposte a maggior pericolo.
Più confortanti i dati relativi all'organizzazione del sistema locale di protezione civile: l'82% dei comuni si è dotato di un piano di emergenza da mettere in atto in caso di frana o alluvione. Uno strumento fondamentale per la sicurezza delle persone, che consente di organizzare evacuazioni preventive in caso di allarme e garantire soccorsi immediati ed efficaci. Tuttavia, solo il 54% dei piani risulta aggiornato negli ultimi due anni. Nel 64% dei comuni esiste una struttura di protezione civile operativa 24 ore su 24.
Per quanto riguarda invece l'attività  di informazione alla popolazione sui rischi del territorio e sui comportamenti da adottare in caso di pericolo, la formazione e l'organizzazione di esercitazioni per testare l'efficienza del sistema locale di protezione civile, i comuni sono ancora in ritardo: solo il 26% delle amministrazioni ha organizzato iniziative dedicate all'informazione dei cittadini e il 29% ha organizzato esercitazioni.
In sostanza, evidenzia l'indagine, le problematiche connesse al rischio idrogeologico diventano anno dopo anno più consistenti e preoccupanti, e tragedie recenti come quelle di Messina e Ischia mettono in luce la fragilità  del territorio nazionale. E ad amplificare il rischio in caso di calamità  naturali intervengono l'abusivismo edilizio, l'urbanizzazione incontrollata, la cementificazione degli alvei dei fiumi, e in generale, una cattiva gestione del territorio.
Anche il Capo Dipartimento della Protezione Civile, Guido Bertolaso, durante la conferenza stampa di presentazione dell'indagine ha ricordato come il dissesto idrogeologico sia 'uno dei rischi più gravi e seri che riguardano il nostro Paese, insieme al rischio sismico e vulcanico'