Nell'era dei cellulari Alberto usa ancora il telegrafo
Busnago - Nell'etere, il suo nome è IZ2NRB. Sulla terra, invece, è Alberto Gallo, busnaghese di trentanove anni con una grande passione, il telegrafo. «Un hobby intelligente», dice. «E contagioso», aggiunge la figlia Chiara, tredici anni e in tasca già la patente di telegrafista, anche se potrà cominciare a usarla solo quando ne avrà compiuti sedici. Una passione che porta nelle scuole, perché non vada persa e da quest'anno anche in un corso alla biblioteca: una manciata di iscritti, bambini delle elementari, seduti attorno a un tavolo a imparare come si mettono insieme punti e linee per formare lettere e poi frasi. Questione di orecchio, e poi certo, anche di memoria.
«Tutti i telegrafisti hanno imparato così, le parole in senso musicale», spiega Gallo, mentre i suoi piccoli alunni battono concentrati sul tasto tondo imitando quello che ascoltano. Gli studi tecnici e una passione per il settore delle comunicazioni da sempre, Alberto Gallo è socio dell'associazione radioamatori italiani, il cui primo presidente - ricorda - è stato un tale Guglielmo Marconi. Quanto all'idea di portare il telegrafo sui banchi delle elementari bisogna chiedere a Chiara, sua figlia. «Un giorno è tornata e mi ha detto: papà , a scuola facciamo tanti progetti, perché non vieni anche a tu a mostrare come si usa? I bambini si entusiasmano e vorrebbero imparare tutto il codice, ma il tempo non è abbastanza».
E allora ecco che è nato il corso in biblioteca. Intanto, Chiara ha superato l'esame per telegrafisti, tra le più giovani in Italia. «È una finestra sul mondo», spiega Alberto Gallo. «Si conoscono persone sempre diverse. Una volta a scuola è capitato di collegarci con il Costa Rica, un'altra con il Brasile». Naturalmente la legge detta un regolamento che va rispettato. «Il telegrafo tiene allenata la mente e la memoria, c'è sempre qualcuno con cui comunicare. Ma il rischio è che le giovani generazioni non lo conoscano perché non sanno quanto può appassionare. Solitamente i radioamatori stanno un po' nascosti, ma il rischio è che alla fine ci chiamiamo da una parte e rispondiamo dall'altra. Per questo ho deciso di insegnarlo ai più piccoli», spiega il busnaghese. Che ha un braccio destro, al corso, il collega di protezione civile Eugenio Lombardo.
«Quando sono in ritardo, perché arrivo dal lavoro, lui intrattiene i bimbi mostrando come si fanno i nodi», scherzano i due. È un sistema oggi poco noto, ma più conosciuto nei paesi colpiti da catastrofi. «Perché siamo i primi ad arrivare. E come protezione civile periodicamente si fanno delle prove». Normalmente, però gli argomenti, tra telegrafisti amatoriali, sono il telegrafo, le onde, i segnali. Non senza abbreviazioni ed etichetta. Per esempio, per chiudere, 73. Che vuol dire "saluti".
Letizia Rossi
«Tutti i telegrafisti hanno imparato così, le parole in senso musicale», spiega Gallo, mentre i suoi piccoli alunni battono concentrati sul tasto tondo imitando quello che ascoltano. Gli studi tecnici e una passione per il settore delle comunicazioni da sempre, Alberto Gallo è socio dell'associazione radioamatori italiani, il cui primo presidente - ricorda - è stato un tale Guglielmo Marconi. Quanto all'idea di portare il telegrafo sui banchi delle elementari bisogna chiedere a Chiara, sua figlia. «Un giorno è tornata e mi ha detto: papà , a scuola facciamo tanti progetti, perché non vieni anche a tu a mostrare come si usa? I bambini si entusiasmano e vorrebbero imparare tutto il codice, ma il tempo non è abbastanza».
E allora ecco che è nato il corso in biblioteca. Intanto, Chiara ha superato l'esame per telegrafisti, tra le più giovani in Italia. «È una finestra sul mondo», spiega Alberto Gallo. «Si conoscono persone sempre diverse. Una volta a scuola è capitato di collegarci con il Costa Rica, un'altra con il Brasile». Naturalmente la legge detta un regolamento che va rispettato. «Il telegrafo tiene allenata la mente e la memoria, c'è sempre qualcuno con cui comunicare. Ma il rischio è che le giovani generazioni non lo conoscano perché non sanno quanto può appassionare. Solitamente i radioamatori stanno un po' nascosti, ma il rischio è che alla fine ci chiamiamo da una parte e rispondiamo dall'altra. Per questo ho deciso di insegnarlo ai più piccoli», spiega il busnaghese. Che ha un braccio destro, al corso, il collega di protezione civile Eugenio Lombardo.
«Quando sono in ritardo, perché arrivo dal lavoro, lui intrattiene i bimbi mostrando come si fanno i nodi», scherzano i due. È un sistema oggi poco noto, ma più conosciuto nei paesi colpiti da catastrofi. «Perché siamo i primi ad arrivare. E come protezione civile periodicamente si fanno delle prove». Normalmente, però gli argomenti, tra telegrafisti amatoriali, sono il telegrafo, le onde, i segnali. Non senza abbreviazioni ed etichetta. Per esempio, per chiudere, 73. Che vuol dire "saluti".
Letizia Rossi