RACCONTI DI MARE.. LA TEMPESTA
Inviato: 3 aprile 2009, 19:25
RACCONTI DI MARE..
LA TEMPESTA
Chi viaggia per mare, per esperienza personale, sa benissimo cosa sia una tempesta. Per chi non lo sa, chiarisco che la superficie del mare diventa tempestosa per la forza del vento, che solleva onde sempre più alte, a volte anche gigantesche. Il pericolo per i naviganti però, non è tanto l'altezza dell'onda quanto la velocità  e quindi la violenza con cui il mare si abbatte contro le navi. Violenti tempeste, con onde anche di 20m, si verificano frequentemente in Nord e Sud Atlantico, così come in Oceano Indiano durante i Monsoni e in Nord e Sud Pacifico. Le acque tropicali ed equatoriali, sono generalmente molto più calme, salvo il passaggio di qualche ciclone, nel qual caso la violenza del mare e del vento è impressionante !
Anche il Mediterraneo d'inverno, è soggetto a violenti tempeste. Una delle più violenti che abbia mai sperimentato, la incontrai durante un viaggio verso Genova, con una nave carica di "coils", ossia rotoli di lamiera che si caricavano appilati, uno sopra l'altro in verticale come una piramide. Venivamo da Sud, eravamo al largo dell'Elba, quando comincò un vento violentissimo da Nord Ovest, che ci colpiva direttamente di prua.
Il vento era talmente forte che il mare si sollevava in una nebbia bianca di acqua salata. La forza del mare si valuta secondo gli effetti del vento sulle onde. Quando l'acqua si solleva come una nebbia, si parla di forza 9/10.
La tempesta ha sempre un effetto deleterio sulla psiche umana. Il mal di mare non è affatto sconosciuto ai naviganti. La resistenza dipende dalle persone, ed aumenta con l'abitudine, ma il fatto di dover vivere 24.h su 24 dentro una scatola ondeggiante, non lascia indifferente nessuno. Personalmente avevo conosciuto il problema durante i primi imbarchi da Allievo Ufficiale, ed era stata un'esperienza abbastanza drammatica, che avevo superato con il tempo e l'abitudine. Al momento dei fatti ero imbarcato da 1° Ufficiale di coperta, quindi il mio turno di guardia sul ponte era dalle 4 alle 8 di mattina. Veso le 21 me ne andai in cuccetta, sapendo che sul ponte di guardia c'era il Comandante. La nave rollava e beccheggiava molto forte, cercai di sistemarmi alla meglio per dormire qualche ora. Verso l'una, un marinaio venne a bussare alla cabina, avvisandomi che il 2.° Ufficiale, che era subentrato al comandante a mezzanotte, si sentiva male e chiedeva di essere sostituito. Mi alzai e andai sul ponte, tra una rollata e l'altra. Il Secondo mi disse che si sentiva male, che non si reggeva in piedi e mi chiese di sostituirlo. Ero spiacente per lui, sia per la brutta figura nei miei confronti, in quanto confessava di non essere all'altezza di sostenere il suo turno di guardia, sia per il fatto che conoscevo per esperienza diretta cosa fosse il mal di mare. Lo mandai in cuccetta e mi accinsi a passare otto ore di guardia (le sue quattro e le mie) sul ponte. Verso le 2 perdemmo il ridosso di Capo Corso, la nave fece un paio di rollate di 40°, il marinaio al timone spaventato mi disse "Sior, non ci sta, non ci sta!!". Convenni che aveva ragione, accostammo con il mare al mascone (ossia quasi di prua). In quella posizione la nave reggeva molto meglio, il rollio diminuì di ampiezza, solo che con quella rotta saremmo andati a Marsiglia, non a Genova. Il Comandante non si vedeva, mandai un marinaio ad avvisarlo che avevamo accostato, il marinaio ritornò dicendo che gli aveva detto di dirmi di proseguire così. Capii che dovevo sbrigarmela da solo. L'antico allievo ufficiale che soffriva il mare era diventato l'ancora alla quale si attaccavano gli altri. Il mio timore era che, se per qualche motivo avessero dovuto fermare la macchina, ci saremmo traversati al mare. In quell'eventualità  , con un carico di rotoli di ferro che probabilmente si sarebbero spostati per le violente rollate, saremmo affondati in cinque minuti, come accadde in circostanze simili ad una nave italiana affondata nel Golfo di Guascogna. Telefonai in Macchina, chiesi all'Ufficiale di guardia come andavano le cose, mi disse che non aveva grossi problemi. Gli spiegai la situazione, e gli chiesi di non fermare la macchina per nessun motivo, nel caso avrebbe potuto diminuire qualche giro di motore. Mi rassicurò in merito, e poco dopo, diminuì qualche giro.
Durante l'inverno, nel Golfo di Genova a volte si crea una specie di vortice ciclonico, ossia il vento soffia da Ovest/Nord Ovest, all'altezza di Capo Corso, per poi girare da Sud/Sud est verso la costa italiana, e a Nord Est verso La Spezia. Verso le 3, chiamai Livorno Radio, e chiesi che vento soffiasse da quelle parti. Mi parlò di vento da S/Sud Est. Continuammo con il mare al mascone sin verso le 5, poi facemmo una virata di 90° sulla dritta e cominciammo a prendere il mare al "giardinetto", ossia quasi di poppa. Verso le 8, venne il Comandante sul ponte, il mare stava diventando "lungo" e perdeva di forza, il vento era girato a NE.
Riprendemmo la rotta verso Genova, ed io andai a dormire.
I1PIK Pietro
Articolo tratto da Info-Radio n°14 del 2 aprile 2009
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LA TEMPESTA
Chi viaggia per mare, per esperienza personale, sa benissimo cosa sia una tempesta. Per chi non lo sa, chiarisco che la superficie del mare diventa tempestosa per la forza del vento, che solleva onde sempre più alte, a volte anche gigantesche. Il pericolo per i naviganti però, non è tanto l'altezza dell'onda quanto la velocità  e quindi la violenza con cui il mare si abbatte contro le navi. Violenti tempeste, con onde anche di 20m, si verificano frequentemente in Nord e Sud Atlantico, così come in Oceano Indiano durante i Monsoni e in Nord e Sud Pacifico. Le acque tropicali ed equatoriali, sono generalmente molto più calme, salvo il passaggio di qualche ciclone, nel qual caso la violenza del mare e del vento è impressionante !
Anche il Mediterraneo d'inverno, è soggetto a violenti tempeste. Una delle più violenti che abbia mai sperimentato, la incontrai durante un viaggio verso Genova, con una nave carica di "coils", ossia rotoli di lamiera che si caricavano appilati, uno sopra l'altro in verticale come una piramide. Venivamo da Sud, eravamo al largo dell'Elba, quando comincò un vento violentissimo da Nord Ovest, che ci colpiva direttamente di prua.
Il vento era talmente forte che il mare si sollevava in una nebbia bianca di acqua salata. La forza del mare si valuta secondo gli effetti del vento sulle onde. Quando l'acqua si solleva come una nebbia, si parla di forza 9/10.
La tempesta ha sempre un effetto deleterio sulla psiche umana. Il mal di mare non è affatto sconosciuto ai naviganti. La resistenza dipende dalle persone, ed aumenta con l'abitudine, ma il fatto di dover vivere 24.h su 24 dentro una scatola ondeggiante, non lascia indifferente nessuno. Personalmente avevo conosciuto il problema durante i primi imbarchi da Allievo Ufficiale, ed era stata un'esperienza abbastanza drammatica, che avevo superato con il tempo e l'abitudine. Al momento dei fatti ero imbarcato da 1° Ufficiale di coperta, quindi il mio turno di guardia sul ponte era dalle 4 alle 8 di mattina. Veso le 21 me ne andai in cuccetta, sapendo che sul ponte di guardia c'era il Comandante. La nave rollava e beccheggiava molto forte, cercai di sistemarmi alla meglio per dormire qualche ora. Verso l'una, un marinaio venne a bussare alla cabina, avvisandomi che il 2.° Ufficiale, che era subentrato al comandante a mezzanotte, si sentiva male e chiedeva di essere sostituito. Mi alzai e andai sul ponte, tra una rollata e l'altra. Il Secondo mi disse che si sentiva male, che non si reggeva in piedi e mi chiese di sostituirlo. Ero spiacente per lui, sia per la brutta figura nei miei confronti, in quanto confessava di non essere all'altezza di sostenere il suo turno di guardia, sia per il fatto che conoscevo per esperienza diretta cosa fosse il mal di mare. Lo mandai in cuccetta e mi accinsi a passare otto ore di guardia (le sue quattro e le mie) sul ponte. Verso le 2 perdemmo il ridosso di Capo Corso, la nave fece un paio di rollate di 40°, il marinaio al timone spaventato mi disse "Sior, non ci sta, non ci sta!!". Convenni che aveva ragione, accostammo con il mare al mascone (ossia quasi di prua). In quella posizione la nave reggeva molto meglio, il rollio diminuì di ampiezza, solo che con quella rotta saremmo andati a Marsiglia, non a Genova. Il Comandante non si vedeva, mandai un marinaio ad avvisarlo che avevamo accostato, il marinaio ritornò dicendo che gli aveva detto di dirmi di proseguire così. Capii che dovevo sbrigarmela da solo. L'antico allievo ufficiale che soffriva il mare era diventato l'ancora alla quale si attaccavano gli altri. Il mio timore era che, se per qualche motivo avessero dovuto fermare la macchina, ci saremmo traversati al mare. In quell'eventualità  , con un carico di rotoli di ferro che probabilmente si sarebbero spostati per le violente rollate, saremmo affondati in cinque minuti, come accadde in circostanze simili ad una nave italiana affondata nel Golfo di Guascogna. Telefonai in Macchina, chiesi all'Ufficiale di guardia come andavano le cose, mi disse che non aveva grossi problemi. Gli spiegai la situazione, e gli chiesi di non fermare la macchina per nessun motivo, nel caso avrebbe potuto diminuire qualche giro di motore. Mi rassicurò in merito, e poco dopo, diminuì qualche giro.
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