UN "RT" RACCONTA.. GIRO DEL MONDO IN PETROLIERA
Inviato: 24 dicembre 2009, 22:06
UN "RT" RACCONTA..
GIRO DEL MONDO IN PETROLIERA
Tra le strane cose che possono capitare ad un marittimo, può accadere anche di trovarsi ad effettuare il giro del mondo in un'unico viaggio. Diciamo che quest'eventualità  , per le navi che non sono assegnate a linee fisse, è molto rara. A me capitò solamente una volta. La nave era una petroliera classe 80.000, ossia un tipo di nave piuttosto vecchiotto. La propulsione era a turbina, alimentata da due caldaie a nafta, che fornivano anche il vapore necessario per il funzionamento delle pompe del carico. Il ponte di comando era a centro nave, una lunga passerella lo collegava al cassero di poppa, dove si trovavano gli alloggi dell'equipaggio, la cucina, il salone del comandante e le salette degli ufficiali. Durante la navigazione, nel caso di mare grosso che rompeva in coperta, la passerella serviva per non bagnarsi.
A Ras Tanura, in Arabia Saudita, facemmo il pieno di petrolio destinato a S.Francisco, in California. Attraversammo l'Oceano Indiano sino allo Stretto di Malacca, facendo sosta a Singapore per fare bunker, ossia per caricare la nafta che sarebbe servita per alimentare le caldaie di propulsione. Singapore si trova ad una latitudine prossima all'equatore, il caldo all'esterno era asfissiante, la città  molto "inglese" e molto bella, sfortunatamente avevamo solo poche ore di sosta e potemmo visitare molto poco. Partiti, facemmo rotta per le Filippine per attraversare poi l'Oceano Pacifico. Per me era la prima volta che attraversavo quest'oceano, la curiosità  per quello che avremmo trovato dal punto di vista meteorologico, era notevole. Facemmo una rotta "ortodromica", ossia seguimmo la curvatura terrestre. Poichè la bussola indica il nord geografico e la rotta delle navi è una linea retta, si dovevano seguire in pratica delle rotte che venivano cambiate ogni giorno con calcoli opportuni. All'epoca si faceva tutto con calcoli manuali. Anche la posizione della nave in oceano veniva calcolata esclusivamente con osservazioni astronomiche, sia delle stelle che del Sole, utilizzando il sestante ed il cronometro. Al meridiano 180 si cambia la data, ossia si salta direttamente al giorno successivo o viceversa, a seconda della direzione di rotta. Sul brogliaccio del ponte, dove scrivevamo e firmavamo la nostra guardia, passammo direttamente al giorno successivo.
Il Pacifico fu gentile con noi, assecondando il suo nome. Arrivammo a San Francisco senza troppi problemi, passammo sotto il Golden Gate ed ormeggiammo in porto.
Le strade di San Francisco mi ricordavano Genova, con molti saliscendi, la differenza la facevano i grattacieli e le dimensioni globali, molto più estese.
Ripartimmo da S.Francisco in zavorra d'acqua, diretti ad Ovest. Ancora non sapevamo che avremmo navigato sempre ad Ovest per circa un mese e mezzo, facendo in pratica il giro del mondo. Ripercorremmo al contrario l'ortodromia seguita in arrivo, diretti alle Filippine. Al meridiano 180° cambiammo la data, come al solito. All'atterraggio (termine marinaresco oltre che areonautico), trovare il "buco" giusto in mezzo alla isole, non fu molto semplice, in effetti eravamo una decina di miglia fuori rotta, perchè negli ultimi giorni a causa del cielo nuvoloso, avevamo potuto "osservare" poco o nulla. Ci infilammo in mezzo alle isole e dirigemmo a Sumatra, per caricare un pieno di petrolio indonesiano. Caricammo in pochissime ore, tanto che non avemmo neanche il tempo di fare una scappata a terra. D'altra parte, il posto appariva del tutto inospitale, il caldo umido era asfissiante.
Ripartiti da Sumatra, dirigemmo per la costa atlantica degli USA diretti a Wilmington, North Carolina. Giunti a Hong Kong, facemmo una sosta di poche ore per caricare il bunker per le caldaie, e ripartimmo pert lo stretto di Malacca, poi per l'Oceano Indiano, che attraversammo diretti sul Capo di Buona Speranza, la punta più a sud dell'Africa. Passato il Capo, ci trovammo di nuovo nelle "acque di casa" ossia nell'Oceano Atlantico. Eccettuato qualche burrasca di poco conto, facemmo una navigazione tranquilla, attraversammo di nuovo l'equatore e, dopo tanta navigazione in latitudine sud, ritrovammo di nuovo la latitudine nord e qualche settimana dopo giungemmo a destinazione, avendo in pratica fatto il giro del mondo attraverso tre oceani.
La spiegazione razionale di un viaggio del genere, indubbiamente fuori del normale, era che la nave doveva essere destinata da quel momento in poi a traffici fissi tra gli USA e la Nigeria. Per questo era necessaria la sua dislocazione fissa nell'oceano Atlantico.
I1PIK Pietro
Articolo tratto da Info-Radio n°52 del 24 dicembre 2009
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A Ras Tanura, in Arabia Saudita, facemmo il pieno di petrolio destinato a S.Francisco, in California. Attraversammo l'Oceano Indiano sino allo Stretto di Malacca, facendo sosta a Singapore per fare bunker, ossia per caricare la nafta che sarebbe servita per alimentare le caldaie di propulsione. Singapore si trova ad una latitudine prossima all'equatore, il caldo all'esterno era asfissiante, la città  molto "inglese" e molto bella, sfortunatamente avevamo solo poche ore di sosta e potemmo visitare molto poco. Partiti, facemmo rotta per le Filippine per attraversare poi l'Oceano Pacifico. Per me era la prima volta che attraversavo quest'oceano, la curiosità  per quello che avremmo trovato dal punto di vista meteorologico, era notevole. Facemmo una rotta "ortodromica", ossia seguimmo la curvatura terrestre. Poichè la bussola indica il nord geografico e la rotta delle navi è una linea retta, si dovevano seguire in pratica delle rotte che venivano cambiate ogni giorno con calcoli opportuni. All'epoca si faceva tutto con calcoli manuali. Anche la posizione della nave in oceano veniva calcolata esclusivamente con osservazioni astronomiche, sia delle stelle che del Sole, utilizzando il sestante ed il cronometro. Al meridiano 180 si cambia la data, ossia si salta direttamente al giorno successivo o viceversa, a seconda della direzione di rotta. Sul brogliaccio del ponte, dove scrivevamo e firmavamo la nostra guardia, passammo direttamente al giorno successivo.
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Ripartiti da Sumatra, dirigemmo per la costa atlantica degli USA diretti a Wilmington, North Carolina. Giunti a Hong Kong, facemmo una sosta di poche ore per caricare il bunker per le caldaie, e ripartimmo pert lo stretto di Malacca, poi per l'Oceano Indiano, che attraversammo diretti sul Capo di Buona Speranza, la punta più a sud dell'Africa. Passato il Capo, ci trovammo di nuovo nelle "acque di casa" ossia nell'Oceano Atlantico. Eccettuato qualche burrasca di poco conto, facemmo una navigazione tranquilla, attraversammo di nuovo l'equatore e, dopo tanta navigazione in latitudine sud, ritrovammo di nuovo la latitudine nord e qualche settimana dopo giungemmo a destinazione, avendo in pratica fatto il giro del mondo attraverso tre oceani.
La spiegazione razionale di un viaggio del genere, indubbiamente fuori del normale, era che la nave doveva essere destinata da quel momento in poi a traffici fissi tra gli USA e la Nigeria. Per questo era necessaria la sua dislocazione fissa nell'oceano Atlantico.
I1PIK Pietro
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