II7RAI 58° years of italian first broadcasting RAI
II7RAI Special Call - Associazione Radioamatori Italiani Sezione Cassano Murge
CASSANO DELLE MURGIE
BARI, IT 70020
Italy
La televisione in Italia
In Italia i primi studi e le prime prove sperimentali di trasmissioni televisive furono effettuate a Torino a partire dal 1934, città che già ospitava il Centro di Direzione dell'EIAR (in seguito RAI), presso i locali del Teatro di Torino, attiguo alla sede storica di Via Verdi. Successivamente, l'EIAR stabilirà una sede a Roma, nel quartiere Prati, dove realizzerà la storica sede di Via Asiago 10 e a Milano, in Corso Sempione.
Il 22 luglio del 1939 entra in funzione a Roma il primo trasmettitore televisivo da 2 kW presso la stazione trasmittente EIAR di Monte Mario, che effettuerà per circa un anno regolari trasmissioni utilizzando lo standard a 441 linee sviluppato dalla Telefunken in Germania. Nel settembre dello stesso anno un secondo trasmettitore televisivo della potenza di 400 W viene installato a Milano sulla Torre Littoria (oggi Torre Branca) ed effettua trasmissioni sperimentali in occasione della XI Mostra della Radio e della XXI Fiera Campionaria di Milano.
La prima trasmissione televisiva italiana verrà realizzata ufficialmente nel 1954 dal Centro di Produzione Rai di Via Verdi, a Torino.
Gli apparati trasmittenti di entrambe le stazioni erano stati progettati e costruiti dalla ditta SAFAR (Società Anonima Fabbricazione Apparecchi Radiofonici) di Milano, mentre altre ditte del settore quali Radiomarelli e Allocchio Bacchini misero in produzione apparati riceventi.[1]
Le trasmissioni ebbero improvvisamente termine il 31 maggio 1940 per ordine del governo, asseritamente per via di interferenze riscontrate nei primi sistemi di navigazione aerea. È presumibile che l'imminenza dell'entrata in guerra dell'Italia abbia giocato comunque un ruolo in questa decisione.
Durante l'occupazione l'esercito nazista fece smantellare e trasportare in Germania tutti gli apparati trasmittenti dell'EIAR di Roma, incluso il trasmettitore televisivo che verrà in seguito recuperato dagli alleati dopo la fine della guerra e restituito alla RAI (nuova denominazione dell'EIAR dal 1944), che nel gennaio del 1949 lo installa a Torino in località Eremo, sulla collina torinese e alle nuove antenne installate sul tetto della sede RAI di Via Verdi. Riprende così la sperimentazione che porterà alla prima trasmissione televisiva ufficiale del 1954.
L'11 settembre 1949, con una trasmissione sperimentale dalla Triennale di Milano presentata da Corrado, hanno inizio le trasmissioni televisive in Italia con lo standard a 625 linee, ma la programmazione regolare cominciò soltanto dal 3 gennaio 1954, a cura della RAI, in bianco e nero. L'autoregolamentazione dell'epoca prevedeva, tra i suoi principi fondamentali, la non accettazione di scene turbanti la pace sociale ed incitanti all'odio di classe, il rispetto dei valori familiari e religiosi. Un capitolo a parte meriterebbe la moralità dei costumi, che prevedeva il pieno rispetto della "santità matrimoniale" e il rifiuto delle scene erotiche. Per garantire il rispetto di queste norme, venne istituito, dal 1947 il "Comitato per la determinazione delle direttive di massima culturali".[2] Le prime trasmissioni della programmazione regolare furono le interviste con l'ingegner Filiberto Guala, amministratore delegato, che definì il nuovo mezzo come "il focolare del nostro tempo", lo spettacolo intitolato "L'orchestra delle 15", presentato da Febo Conti, la rubrica musicale Settenote e La domenica sportiva. I televisori accesi furono, il giorno di esordio, solamente ottantamila, gli abbonati non superarono i ventimila unità intorno al febbraio del 1954 e il prezzo del mezzo sfiorava le dodici mensilità di un reddito medio annuo (1954).
Il segnale arrivò su tutto il territorio nazionale tre anni dopo, il 31 dicembre 1956, e a quel momento gli abbonati erano ancora relativamente pochi - 360.000 - a causa del costo elevato degli apparecchi.
Dagli anni cinquanta la diffusione della TV crebbe a ritmi stupefacenti, come precedentemente accaduto sul mercato americano. In quegli anni la televisione era un bene di lusso che pochi italiani potevano permettersi, tanto che i bar o le case dei propri vicini diventarono luoghi prediletti per visioni di gruppo, soprattutto in occasione delle trasmissioni del primo e subito popolarissimo telequiz italiano, i primi pionieri furono Mario Riva con Il Musichiere, e Mike Bongiorno con Lascia o raddoppia?.
Verso la fine degli anni cinquanta anche la stampa si accorge del nuovo mezzo. Nasce la prima rubrica di critica televisiva: la cura Ugo Buzzolan - già autore del primo originale televisivo (La domenica di un fidanzato) - su La Stampa di Torino.
È proprio in questo periodo che nasce il primo telegiornale della Rai, che vede come direttore Vittorio Veltroni. Esso conquista il popolo italiano, riuscendo ad arrivare dove la carta stampata non aveva saputo:proporre immagini e audio contemporaneamente produce uno straordinario effetto di realtà e permette di assistere in diretta ad eventi sensazionali. Nel 1960 nasce la trasmissione Tribuna elettorale, seguita l'anno successivo da Tribuna politica, le quali permetteranno per la prima volta di conoscere i volti dei leader delle opposizioni politiche.
Particolarmente rilevante nel 1957 è la comparsa della pubblicità in Rai con l'avvento di Carosello, un famoso spazio, dove il messaggio pubblicitario deve rispettare rigorose regole stilistiche e narrative. Difatti, il prodotto reclamizzato può essere citato solo all'inizio e alla fine di un breve spettacolo (135 secondi), al quale non è permesso di citare il prodotto stesso.
Inoltre, a partire dal 1962 vi fu il primo collegamento via satellite tra Italia e Stati Uniti, che segnò l'avvento della comunicazione intraplanetaria, permettendo di assistere ad eventi fondamentali della nostra storia in diretta, come lo sbarco del primo uomo sulla luna nel 1969, che raccolse circa 500.000.000 di spettatori.
Negli anni sessanta, con il progresso dell'economia, il televisore divenne accessorio di sempre maggior diffusione, sino a raggiungere anche classi sociali meno agiate; l'elevato tasso di analfabetismo riscontrato fra queste suggerì la messa in onda di Non è mai troppo tardi (1959-1968); un programma di insegnamento elementare condotto dal maestro Alberto Manzi e che, è stato stimato, avrebbe aiutato quasi un milione e mezzo di adulti a conseguire la licenza elementare.
Almeno nella fase iniziale la televisione italiana era una delle più pedagogiche al mondo. Le sue finalità erano certamente educative e se da un lato la programmazione, pur non cercando il consenso dei telespettatori, poteva essere considerata soporifera, dall'altro ebbe indubbi benefici nei confronti di una situazione nazionale, a quei tempi, caratterizzata da una certa arretratezza nei costumi e da una disomogeneità culturale. Non è solo una battuta umoristica dire quindi che, almeno a livello linguistico, "L'unità d'Italia non l'ha fatta Garibaldi, ma l'ha fatta Mike Bongiorno."
Anche le tappe successive dello sviluppo televisivo italiano indicano un ritardo rispetto agli altri Paesi europei: solo nel 1961 iniziarono le trasmissioni del secondo canale RAI e la terza rete TV arrivò tra la fine del 1979 e l'inizio del 1980 (come da riforma del 1975). Le trasmissioni a colori, iniziate in via sperimentale fin dagli anni '70, in particolare con la trasmissione delle Olimpiadi di Monaco nel 1972, che avveniva con diversi sistemi a giorni alterni in quanto proprio in quel periodo veniva dibattuta in Parlamento l'adozione del sistema di trasmissione tra i sostenitori del francese SECAM e quelli del tedesco PAL, inizieranno ufficialmente solo nel febbraio 1977 cioè circa 10 anni dopo rispetto ai paesi europei più sviluppati e soprattutto agli USA, principalmente per l'opposizione di alcuni personaggi politici (in particolare Ugo La Malfa) che temevano gli effetti devastanti sull'allora precaria situazione economica italiana dello scatenarsi della "corsa all'acquisto" del nuovo elettrodomestico (costoso e quasi sempre importato dall'estero) da parte delle famiglie italiane.
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