Nota del Dipartimento su conseguenze sentenza Grandi Rischi
COMUNICATO STAMPA
23 ottobre 2012
Nota del Dipartimento sulle conseguenze della sentenza Grandi Rischi
Il Dipartimento della Protezione civile sente l’obbligo di tracciare il quadro delle conseguenze che si stanno già ripercuotendo sul Servizio Nazionale della Protezione civile a seguito delle sentenze di condanna emesse ieri dal Tribunale de L’Aquila nei confronti di quattro componenti della ex Commissione Nazionale per la Previsione e la Prevenzione dei Grandi Rischi, dell’allora Vicecapo del Dipartimento della Protezione civile, del direttore dell’Ufficio Rischio sismico e vulcanico del Dipartimento stesso e dell’allora direttore del Centro Nazionale Terremoti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.
La prima conseguenza riguarda le dimissioni formalmente presentate al Presidente del Consiglio dei Ministri da parte dei componenti della Commissione Grandi Rischi nominata il 23 dicembre 2011, oltre a quelle del Professor Mauro Dolce, direttore dell’Ufficio rischio sismico e vulcanico del Dipartimento.
La seconda porta alla paralisi delle attività di previsione e prevenzione, poiché è facile immaginare l’impatto di questa vicenda su tutti coloro che sono chiamati ad assumersi delle responsabilità in questi settori considerati i pilastri di una moderna Protezione civile. Il rischio è che si regredisca a oltre vent’anni fa, quando la protezione civile era solo soccorso e assistenza a emergenza avvenuta. Oppure che chi è incaricato di valutare finisca per alzare l’allerta al massimo livello ogni qualvolta i modelli previsionali forniscano scenari diversificati, generando una crescita esponenziale di allarmi che provocheranno assoluta sfiducia nei confronti di chi li emette o situazioni di panico diffuso tra la popolazione. In entrambi i casi, le Istituzioni – primi fra tutti i Sindaci – che per legge hanno l’obbligo di pianificare e prendere decisioni a tutela dei propri cittadini, lo dovranno fare senza il fondamentale supporto di coloro che fino a ieri, avendo le necessarie competenze ed esperienze, fornivano valutazioni e interpretazioni sui molteplici rischi che interessano il territorio italiano e che da oggi non si sentono più tutelati dal Paese per cui prestano servizio.
In terzo luogo non si può dimenticare quanti siano i temi, drammaticamente attuali, su cui il Dipartimento della Protezione Civile rischia di perdere interlocutori essenziali: ad esempio lo sciame sismico in corso da quasi due anni nell’area del Pollino, o gli scenari di riferimento per l’aggiornamento dei piani nazionali di emergenza per i vulcani napoletani.
Se apparentemente la sentenza sembra interessare solo il mondo scientifico, è bene ricordare, infine, che tocca invece pesantemente altre realtà e professionalità cardine del Servizio Nazionale della Protezione Civile: a partire dalle centinaia di tecnici dei Centri Funzionali e dei Centri di competenza che ogni giorno si occupano di monitorare, sorvegliare e valutare i fenomeni naturali al fine dell’allertamento delle amministrazioni e delle strutture operative; ma anche i moltissimi professionisti dei numerosi Ordini che gratuitamente e volontariamente mettono a disposizione il proprio tempo e la propria esperienza in emergenza. Ultimo esempio, in tal senso, è stato il lavoro svolto nella fase post-sisma in Emilia, dove hanno contribuito allo svolgimento di decine di migliaia di verifiche di agibilità degli edifici danneggiati.
A fronte di questo quadro, ferme restando le responsabilità per le quali ognuno è chiamato a rispondere, il Dipartimento della Protezione Civile, pur garantendo di svolgere al meglio i propri compiti, auspica che le Istituzioni del Paese trovino il modo per restituire serenità ed efficienza all’intero Sistema nello svolgimento delle proprie attività .
23 ottobre 2012
Nota del Dipartimento sulle conseguenze della sentenza Grandi Rischi
Il Dipartimento della Protezione civile sente l’obbligo di tracciare il quadro delle conseguenze che si stanno già ripercuotendo sul Servizio Nazionale della Protezione civile a seguito delle sentenze di condanna emesse ieri dal Tribunale de L’Aquila nei confronti di quattro componenti della ex Commissione Nazionale per la Previsione e la Prevenzione dei Grandi Rischi, dell’allora Vicecapo del Dipartimento della Protezione civile, del direttore dell’Ufficio Rischio sismico e vulcanico del Dipartimento stesso e dell’allora direttore del Centro Nazionale Terremoti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.
La prima conseguenza riguarda le dimissioni formalmente presentate al Presidente del Consiglio dei Ministri da parte dei componenti della Commissione Grandi Rischi nominata il 23 dicembre 2011, oltre a quelle del Professor Mauro Dolce, direttore dell’Ufficio rischio sismico e vulcanico del Dipartimento.
La seconda porta alla paralisi delle attività di previsione e prevenzione, poiché è facile immaginare l’impatto di questa vicenda su tutti coloro che sono chiamati ad assumersi delle responsabilità in questi settori considerati i pilastri di una moderna Protezione civile. Il rischio è che si regredisca a oltre vent’anni fa, quando la protezione civile era solo soccorso e assistenza a emergenza avvenuta. Oppure che chi è incaricato di valutare finisca per alzare l’allerta al massimo livello ogni qualvolta i modelli previsionali forniscano scenari diversificati, generando una crescita esponenziale di allarmi che provocheranno assoluta sfiducia nei confronti di chi li emette o situazioni di panico diffuso tra la popolazione. In entrambi i casi, le Istituzioni – primi fra tutti i Sindaci – che per legge hanno l’obbligo di pianificare e prendere decisioni a tutela dei propri cittadini, lo dovranno fare senza il fondamentale supporto di coloro che fino a ieri, avendo le necessarie competenze ed esperienze, fornivano valutazioni e interpretazioni sui molteplici rischi che interessano il territorio italiano e che da oggi non si sentono più tutelati dal Paese per cui prestano servizio.
In terzo luogo non si può dimenticare quanti siano i temi, drammaticamente attuali, su cui il Dipartimento della Protezione Civile rischia di perdere interlocutori essenziali: ad esempio lo sciame sismico in corso da quasi due anni nell’area del Pollino, o gli scenari di riferimento per l’aggiornamento dei piani nazionali di emergenza per i vulcani napoletani.
Se apparentemente la sentenza sembra interessare solo il mondo scientifico, è bene ricordare, infine, che tocca invece pesantemente altre realtà e professionalità cardine del Servizio Nazionale della Protezione Civile: a partire dalle centinaia di tecnici dei Centri Funzionali e dei Centri di competenza che ogni giorno si occupano di monitorare, sorvegliare e valutare i fenomeni naturali al fine dell’allertamento delle amministrazioni e delle strutture operative; ma anche i moltissimi professionisti dei numerosi Ordini che gratuitamente e volontariamente mettono a disposizione il proprio tempo e la propria esperienza in emergenza. Ultimo esempio, in tal senso, è stato il lavoro svolto nella fase post-sisma in Emilia, dove hanno contribuito allo svolgimento di decine di migliaia di verifiche di agibilità degli edifici danneggiati.
A fronte di questo quadro, ferme restando le responsabilità per le quali ognuno è chiamato a rispondere, il Dipartimento della Protezione Civile, pur garantendo di svolgere al meglio i propri compiti, auspica che le Istituzioni del Paese trovino il modo per restituire serenità ed efficienza all’intero Sistema nello svolgimento delle proprie attività .